Fez. Mi sveglio intorno alle otto e mezzo, nove. Decido che non mi va di stare in città, oggi, e che invece ho voglia di improvvisare la giornata. Vado alla stazione degli autobus e mi informo sulle tariffe e le località raggiungibili in un’oretta di viaggio. Sono deciso a vedere un villaggio nell’entroterra qui intorno: per il momento il caos della città mi ha stufato.
Prima di partire mi sono informato un po’ e so che ci sono dei posti interessanti da vedere. Ho letto che a Mullay Yacoub, un piccolo paesino tra le colline della regione di Fez, c’è una stazione termale molto rinomata, e su Trip Advisor c’è scritto che per poche decine di euro è possibile provare l’hammam, il classico bagno marocchino, con scrub e tutto il resto.
Quindi prendo il biglietto dell’autobus, giusto il tempo di qualche scossone, un paio di scollinamenti e siamo arrivati a destinazione. Mullay Yacob è un piccolo villaggio, con poche case disposte a casaccio su di una collina e un’unica strada senza uscita che ci passa in mezzo. Mi fa sorridere la presenza di un’enorme scritta in caratteri arabi sul crinale, in stile Hollywood, che immagino indichi anche in questo caso il nome della località.
I bar e i ristoranti si affacciano tutti sull’unica strada con i dehor, e la cosa mi lascia davvero perplesso: oltre le vetrate all’interno, si vedono colline e montagne colorate che regalano una vista spettacolare. Rimpiango un terrazzino sull’altro lato dell’edificio. Dopo una veloce colazione a base di thè alla menta e dolcetti al miele, decido di muovermi per esplorare un po’ il villaggio, senza una meta specifica. Sono l’unico turista, e la cosa mi intimorisce un poco, ma è proprio quello che stavo cercando. Un’esperienza più personale e unica, fuori dai soliti circuiti turistici.
Faccio prima un salto all’hammam per vedere quanto costa e cosa serve per il bagno. L’enorme struttura che la ospita è molto bella; è decorata in stile marocchino ed è molto imponente. Quando entro e chiedo, rimango sconcertato perché vogliono una sessantina di euro per il pacchetto più economico. Storco il naso e saluto senza prendere minimamente in considerazione l’idea di mettere mano al portafogli. Anche volendo, il budget che ho per questo viaggio, non mi perette simili lussi. Penso con un filo di stizza ai commenti su Trip Advisor: dovevano essere falsi, mi dico, scritti dagli stessi marocchini per invogliare i creduloni. Sanno così tante lingue, qui, che potrebbe essere anche un’ipotesi plausibile …
È una giornata splendida, non sembra novembre. È caldo, e incomincio a risalire la strada e la collina, finché non vedo questo vecchio vestito di bianco, con indosso tipici abiti marocchini. Sta abbandonando la strada principale per prendere un sentierino sulla sinistra: a sua insaputa diventa la mia guida personale e comincio a seguirlo.
La collina è piena di erba medica e fieno, tutto è giallo. La vista che si gode mostra una strada tortuosa e tanti villaggetti sparsi tutto intorno. Più indietro l’Atlante, la catena montuosa che attraversa il Marocco, con alcune cime innevate. Devo ammettere che mi fa anche un po’ strano.
A un certo punto, la mia guida si ferma. Non avevo notato che aveva un pezzo di cartone in mano: lo appoggia a terra, e ci si siede. Inizialmente rimango interdetto, dato che speravo mi portasse in qualche posto incredibile. Poi mi guardo intorno pensando a dove andare, deluso. Basta un attimo a farmi capire di esserci già, nel posto incredibile. Quindi imito l’anziano e mi siedo anche io. Intorno a noi c’è solo un altro vecchietto, anche lui avvolto in una tipica tunica con cappuccio, ma azzurra. Siamo tutti e tre a una buona distanza l’uno dall’altro, e per parlarci dovremmo urlare, ma sembra che nessuno dei tre abbia troppa voglia di comunicare. Ogni tanto ci scambiamo qualche breve occhiata, ma niente di più.
I due anziani guardano il cielo con tranquillità, si godono la quiete, il rumore del vento e la luce del sole.Mi vengono in mente “Il Pianeta Verde” e i concerti di silenzio. Mi sento stranito, come se la mia parte occidentale non capisse a fondo questa tranquillità e questo speciale legame con la natura. Molti, in Occidente, penserebbero che stanno solo perdendo tempo , ma è chiaro che non è così. C’è una profondità strana nell’aria.
Decido che questo è il momento perfetto per godermi un po’ dell’ottimo “00” che ho preso a Fez. Il vento non aiuta, ma in qualche modo avvolgo la cartina su se stessa, e, poco dopo, un sorrisetto beato mi si stampa in faccia, mentre un filo di fumo profumato si spande intorno a me. Penso a quanto la mia vita di solito sia frenetica, a come tante volte abbia perso la possibilità di stare seduto come ora, come fanno questi vecchi che sembrano saperla lunga. Mi stanno insegnando come gustarsi il tramonto, questi due.
Una cosa banale, che si ripete tutti i giorni, la vivono con calma e meraviglia, come fosse la prima volta. Mi colpiscono queste figure umane immerse nell’erba a contemplare la bellezza della natura. La mia anima riconosce in loro qualcosa che assomiglia al sacro, qualcosa che penso sia importante da imparare per noi giovani. Non è tempo perso quello speso ad osservare la bellezza del mondo, tentando di fondersi col panorama.
Un’altra cosa che mi colpisce è che quando si sposta il sole, i due vecchi che sono con me si muovono seguendolo, per godere fino all’ultimo dei suoi raggi caldi sulla pelle. Questo finché non sparisce oltre le montagne che abbiamo di fronte, e allora ci muoviamo per arrivare in paese, sempre a distanza uno dall’altro. Insieme, ma ognuno immerso nei suoi pensieri.
Penso che quello passato sulle colline di Mullay Yacoub, sia stato uno dei momenti migliori della mia vita fino a questo momento. Il fatto di essere stato solo, mi ha fatto capire che per essere felice basta veramente poco. Mi viene in mente David Gregory Roberts quando in “Shantaram” dice che «l’unico trucco da imparare nella vita è non volere niente, e riuscire a ottenerlo».