top of page

A Lisbon Story - Erasmus in Portogallo - Lisboa, atto I°

Marzo 2011, Lisboa

Sono all'Adamastor, un pomeriggio come tanti, il tempo passa lento tra una chiacchiera e l'altra. Siamo i soliti, in cerchio, o almeno così mi ricordo: ci sono Adrien, Sanchit, Felipe, Ale e Thiago con la sua chitarra. Ci riempiamo i bicchieri di Sagres e Super Bock a vicenda, come se non ci fosse un domani. Quando la cerveja finisce, qualcuno s'alza e va a prenderne un'altra, a turno, seguendo una sorta di regola non scritta. La birra portoghese è leggera, scende giù bene e costa poco: tre cose da non sottovalutare, quando è caldo e il primo sole di primavera torna a batter sulla capitale lusitana.

La luce vista dal miradouro de Santa Catarina è fenomenale: si riflette sul Tejo in una miriade di sfumature; la copia in miniatura della statua del Cristo Rei di Rio ti guarda placida, il ponte 25 de Abril si apre verso Margem Sul, il mare e l'orizzonte.

Felipe mi racconta che un tempo la gente stava sui miradouros per avvistare le navi: il primo che correva a palazzo dal re, e diceva che bandiera batteva l'imbarcazione che stava arrivando, riceveva un premio in monete d'oro. Col tempo l'usanza della ricompensa è andata scemando, ma non la voglia dei portoghesi di passare il tempo su queste terrazze. La città ne è costellata: i punti panoramici su Lisbona sono infiniti, magicamente sospesi nel tempo, regalano l'impressione di poter passare i pomeriggi stando a guardare meravigliati il fiume Tejo affluire verso l'Oceano, un milione di volte da diverse angolature. Ma sto divagando...

A un certo punto, Ale se ne esce con il Dragoon, un festival che organizzano ogni anno nei pressi di Granada, e dice che tra un paio di settimane comincerà l'edizione 2011.

«Cazzo, a Granada ci sta Vince! Ci si potrebbe far ospitare da lui.»

«Sììì, va bè... come ci arrivi a Granada? Il bus costa troppo...»

Si ride si scherza, il discorso slitta, e la sera scende fitta. Ci perdiamo in uno dei vicoli del Bairro Alto, beviamo ancora qualche birra, mangiamo una bifana con un sacco di mostarda e poi ci spostiamo di localino in localino. Per chi non lo sapesse, la bifana è un panino con in mezzo una fetta di carne stracotta dentro un sughetto delizioso. Al posto dell'amaro, beviamo un moscatel, un vino liquoroso tipo il passito.

A questo punto della serata, i ricordi cominciano a farsi appannati e la notte si mischia in una moltitudine di altre notti simili, in cui i ricordi si confondono in un'unica grande notte. Mi sveglio la mattina dopo nel mio letto, felice, nonostante ricordi davvero poco della serata precedente: il dramma di una generazione senza memoria a breve termine.

La vita riprende tranquilla nella mia routine di studente Erasmus. Sento anche Vince su Facebook, e dice che sarebbe anche disposto ad ospitarci. Sento Simo: anche lui e Tiziana sono in Erasmus a Sevilla, mi butta lì che Mattia è venuto a trovarli e che pensano di andare al Dragoon pure lore.

Foda-se. Ci starebbe troppo riuscire a beccarsi lì, così lontani da casa, riunirsi, far baldoria insieme. Rimane il problema del mezzo di trasporto, i soldi scarseggiano, e anche le opzioni: guardiamo qualche sito di car sharing, ma nessuno propone soluzioni che ci vadano bene.

È giovedì 17 marzo, sabato comincia il teknival, e noi non abbiamo ancora deciso come procedere, ma lo scialo sembra inevitabile. L'opzione del bus non rientra nei nostri budget. Siamo di nuovo all'Adamastor, Ale ed io, ne parliamo.

«Peccato però, ci andavano anche gli altri. Si potevano beccare...».

«Già, peccato», mi fanno eco Laura ed Elena, che quel giorno sorseggiano con noi una litrosa. Anche a loro prendeva bene andare.

Ale mi guarda, ha ancora un barlume di speranza negli occhi.

«Ho conosciuto una tipa, anche lei si chiama Laura, ha un furgone e sta andando verso Valencia».

Distoglie lo sguardo, poi torna a fissarmi: «Se gli chiedo di fare una deviazione verso Granada, tu vieni?». Guarda anche le ragazze «Voi verreste?». Gli sguardi s'inseguono concitati per qualche momento, poi uno dopo l'altro arrivano i nostri «Sì!».

«Allora la becco stasera e vi faccio sapere. Lei comunque voleva partire sabato, le fa comodo avere qualcuno con cui dividere le spese. Al massimo ci facciamo portare fino a Sevilla e poi vediamo come proseguire. Ci perdiamo la serata di apertura del Dragoon, ma tanto poi dura ancora una settimana».

Torno a casa poco fiducioso, Ale mi chiama solo il giorno dopo: «Oh Andre, a Laura va bene arrivare fino a Granada, anzi dice che vuole fermarsi anche lei un paio di giorni. Ho già sentito anche le ragazze: partiamo domani mattina, tu senti Vince allora. Stasera non fare tardi, eh».

«Tranquillo Ale, a che ora e dove? Va bene dai. Passo da te per le 10 allora. A domani». Assurdo. Non ci speravo più. A quanto pare vedrò Granada per la prima volta. Ho ancora qualche dubbio, ma che devo fare? O adesso o mai più, mi dico. Non voglio avere rimpianti per cose che avrei potuto fare e non ho fatto.

Mentre sono a fumare sul terrazzo di camera mia, su rua Conde de Redondo, mi chiama Mario, un ragazzo che ho conosciuto al Bairro Alto, una sera. Ci sono un sacco di italiani a Lisbona, e a parte Ale, e qualche altra eccezione, normalmente cerco di non frequentarne troppi. Mario è napoletano, qui ci lavora, ed è una di queste eccezioni.

« Andrè, stasera c'è un compleanno di un amico di Claudio e Rafa. Ci saranno anche la Cami e Bruna. Che fai, vieni?»

Ci penso un attimo. Non devo fare tardi, domattina parto relativamente presto, ma i ragazzi di cui Mario parla sono un gruppetto di brasiliani in intercambio a Lisboa, sono simpatici, e m'incuriosisce avere la possibilità di conoscere meglio gente cresciuta al di là dell'Oceano. Poi le ragazze son davvero carine.

«Sì, dai. Mario, vengo, però non faccio tardi. Domani vado a Granada...»

«A Granada?!? E che dici wuagliò

«Eh Mario, a quanto pare mi hanno fatto un'offerta che non posso proprio rifiutare».

Ci diamo appuntamento a casa di Bruna per vederci più tardi e fare un tiramisù da portare alla festa. Siamo tutti, ci conosciamo da poco, ma andiamo molto d'accordo. Complici, forse, le dosi massicce di belotinha che fumiamo, ma siamo tutti sorrisi ed è bello confrontarsi con gente di una cultura così diversa.

Il pomeriggio passa veloce, io e Mario produciamo due teglie di una versione alternativa di tiramisù senza savoiardi, che qui in Portogallo non si trovano. Decidiamo di portarne una alla festa, l'altro la teniamo a casa di Bruna, per un'eventuale larìca chimica. I brasiliani sono entusiasti comunque, anche se gli diciamo che coi savoiardi sarebbe tutta un'altra cosa.

È arrivata l'ora di andare al compleanno. Andiamo a comprare qualche birra e ci incamminiamo verso casa del loro amico. Qui c'è una miriade di gente, tanto che comincio a fare gli auguri alle prime venti persone che incontro, senza mai beccare il festeggiato.

Vado vicino a una finestra, mi manca l'aria. Io e Mario ci mettiamo lì davanti e cominciamo a sorseggiare birra, sforniamo a turno i charros che profumano l'aria in questo appartamento dalle parti di Cais do Sodre.

Gli aromi di marocchino attirano più di qualche curioso e si fa amicizia facilmente. Nel giro di poco mi ritrovo brillo a chiacchierare nel mio portoghese ancora incerto, ma reso spavaldo dall'alcol. Ridiamo, si fa banda, qualcuno propone di andare al Bacalhoeiro. Il Bacalhoeiro è un circolino culturale qui vicino. Ci fanno musica, e stasera pare ci sia elettronica.

«Vamos a dançar?!». Vi assicuro che è difficile resistere, quando te lo chiede a turno una brasilianina dopo l'altra, anche se sai che il giorno dopo parti alle 10, e che devi ancora preparare lo zaino.

«Tà bom. Andiamo, ma non faccio tardi». Ovviamente, una volta lì, va tutto storto, o meglio: va tutto così bene che arrivano le 4 del mattino come niente. I Long Island hanno sostituito la birra, e ormai son proprio lanciato.

È tutta la sera che mi stuzzico con una ragazza, so che devo andare, ma non riesco a staccarmi. Faccio l'idiota, cerco di farla ridere, scherziamo. Lei mi dà corda, e mi ritrovo a seguire il gruppo, ormai decimato, verso casa di Bruna, dove ci aspetta la seconda teglia di tiramisù, lasciata li proprio per la fame chimica del post serata. Una volta sistemati nel salotto della nostra amica, divoriamo il dolce in uno 0.2, fumiamo quelle della buonanotte, e un po' tutti si accasciano in letti improvvisati. Per fortuna la casa è grande e tutti trovano una sistemazione. Arrangiarsi: il bello dell'Erasmus!

Io e lei rimaniamo soli, non so come, sul divano. La guardo e lei guarda me. Cominciamo un gioco tutto nostro, ci tocchiamo una parte del corpo e ci diciamo come si dice, ognuno nella sua lingua. Mi sembra di esser tornato bambino. C'è un'innocenza estrema nel mio tocco, oltre che nel suo sguardo. Poi arriva qualcuno, interrompono il nostro gioco, ci addormentiamo.

Mi sveglio che è giorno. Lei non c'è, deve essere andata via.

Sul divano c'è Claudio. «Caralho mano! Devo Andare!»

Sono tipo le otto, e tra due ore devo essere a casa di Ale per partire. Esco di casa velocissimo, il sole mi ferisce gli occhi e maledico il fatto di non avere un paio di occhiali. Imbocco verso la metropolitana, mi dirigo verso la linea verde, cambio a Baixa Chiado, prendo il convoglio sull'azzurra e arrivo a Marques de Pombal, casa.

Per fortuna la metro è rapida, e ho il tempo di arrivare e buttare nello zaino quello che potrebbe servirmi, alla rinfusa. Quanto starò via? Cosa porto? Non ho la lucidità mentale per pensare bene a quel che faccio, né il tempo di mettermi a piegare tutto. Non si sa come, non si sa perchè, trovo anche il tempo di buttarmi sotto la doccia e bere un caffè. Sono le nove intanto.

«Belìn, ho anche il tempo di buttarmi un attimo a letto. Metto la sveglia tra mezz'ora e via, parto verso casa di Ale. Tanto in metro è un attimo».

Parlo tra me e me, mi accomodo in branda e comincio a “riposare gli occhi”. La stanchezza si fa sentire, ed entro poco entro in profonda fase REM. Il cellulare che funge da sveglia è sulla mia pancia, ma normalmente non è difficile da ignorare.

«Devo partire, devo partire», mormoro per convincermi che sarà solo un riposino veloce. Poi, solo il buio.

To be continued...

Photo Credits @ Dragom

RECENT POSTS:
SEARCH BY TAGS:
bottom of page