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Prospettive dall'Inferno - Erasmus in Portogallo & Spagna - Lisboa/Sevilla Connection, Atto I°

Parcheggiamo la macchina ed un fremito mi percorre la spina dorsale. Nell'aria galleggiano i tamburi dell'intro di No Problem, Chase & Status. Prima traccia del set bruciata.

Vabbè, è un rave, cazzo me ne frega? Si ricorderanno parecchio, 'sta manica di fattoni.

Lo spettacolo che si apre davanti a noi è qualcosa a metà tra una sagra di paese e la rappresentazione cristiana dell'Inferno: un'intera vallata percorsa da vari sentieri, punteggiata di stand dalle dimensioni più disparate, sputafuoco – umani e meccanici – e sound system di ogni forma spinti al massimo su ritmi ossessivi. Il tutto brulicante di figure ammassate, contorte in spasmi non umani. Roulotte e camper ovunque, circondate di tende e gente semisvenuta per terra. Nessuna traccia di sicurezza nell'intero campo visivo. Cazzo, un rave vecchia maniera, perdio!

Prendo Tiziana sottobraccio, la bacio su un orecchio e le sussurro in tono solenne: «Amore, ti presento Sua Eccellenza il Rave».

«Piacere...» fa lei, con gli occhi scintillanti, già iniziando a perdere il controllo delle gambe, naturalmente tendenti alla danza.

Matti e Nico ridono della scena di poco prima col marocchino, inoltrandosi nel groviglio di tiranti, picchetti e tende per raggiungere il vialetto. I vari stili musicali iniziano a confondersi, miscelandosi in una disarmonica sinfonia in cui ora prevale una cassa dritta, ora un bassone dubstep, ora un synth acido goano.

Prima d'inoltrarci nel degenero, però, voglio sapere se gli altri scoppiati sono arrivati a Granada. Tiro fuori il cellulare e compongo il numero di Andre.

***

Dopo essere arrivati a Granada, abbiamo parcheggiato nella strada in cui Vince ci ha detto di fermarci. Scendiamo dal furgone tutti indolenziti; ci stiracchiamo sorridenti, mentre ci guardiamo attorno confusi, non sapendo dove andare.

Poi sento una voce amica:«Andre! Ale!».

È il nostro amico calabrese in Erasmus a Granada, che ci viene incontro e ci abbraccia, anche lui sorridente. In giro per le strade c'è poca gente.

«Todos a la rave» , sogghigna Vince, che ci aiuta coi bagagli e ci fa strada verso casa sua.

Entriamo e posiamo gli zaini nel suo salotto, e scopriamo, che ospiti a casa sua, oltre a noi, ci sono anche Monica e Alice, altre due amiche di Firenze. Ci riabbriacciamo felici di esserci ritrovati così lontani da casa.

In uno 0.2 ci stringiamo tutti a tavola, compresi i coinquilini di Vince, e viene imbastita una cara vecchia pasta al tonno. Apriamo un paio di bottiglie di vino andaluso.Arrotolo la pasta con la forchetta mentre qualcuno comincia a parlare di avventure passate. Mi caccio in bocca il groviglio di spaghetti unti, proprio quando mi squilla il telefono.

Simo, che urla dall'altro capo.

***

«Andre! Sono Simo! Dove cazzo siete finiti?!?»

«Uomo!», mi fa lui biascicando, «Sono a casa di Vince, finiamo di mangiare e veniamo a la rave», dice pronunciando il termine alla spagnola. Impara in fretta, il losco.

«Muovetevi, bolliti che qui siamo in piena festa!»

«Arriviamo, arriviamo! Ti salutano l'Ali e la Monica, ci sono anche loro. Ok, ti chiamo quando sto per arrivare. A dopo!».

Metto via il cellulare e superiamo un'area pari alla metà di un campo da calcio, coperta da una tettuccio rigido. Breakbeat cattiva, un pezzo dei Cut&Run. O è CTRL-Z?

'Sticazzi, siamo già rapiti dal nuovo sound, proseguendo di 20 metri. Acid-house. Roba da staccarsi le mascelle e buttarle nel cesso. Il tutto sotto un tendone modello circense.

Tiriamo dritto,nonostante Tiziana sia attirata dalla vista di questo nuovo e misterioso mondo, sovraeccitata comeuna bambina in un negozio di caramelle. Vorrebbe sdoppiarsi per poter ballare di fronte ad ogni muro di casse che ci si para davanti.

E invece no, ci vuole pazienza e oculatezza nella scelta del sound davanti cui bruciarsi innumerevoli cellule cerebrali.

Ed una buona panoramica su quanto il posto abbia da offrire.

***

Finiamo di cenare, ci benziniamo ancora un po', poi Ale fa a Vince: «Allora? Andiamo al Dragoon?».

«Mah, Ale...Noi ci siamo andati ieri, e oggi si fa sentire la resaja. Domani volevamo alzarci presto per fare un giro...»

«Dai, allora si fa after tutti insieme così ci si fa anche un bel giretto domattina»

«No, Andre... Tanto vi fermate qualche giorno. La serata è solo rimandata...».

Chiediamo a Vince se possiamo lasciare alcune cose da lui. Io praticamente svuoto lo zaino Quechua che mi son portato nel suo salotto. Dentro ci lascio solo quello che mi serve: una maglietta di ricambio, la giacca, due bottiglie di vino portoghese e il piccolo bong rosso di plastica che mi porto dietro da Lisbona.

Siamo pronti, ognuno con una boccia: chi in tasca, chi nella borsa, chi in mano.

Partiamo verso Santa Fè col furgone,seguendo le indicazioni prese da Google. Seguiamo l'autostrada dritta e arriviamo in paese, svoltiamo a destra, dopo il campetto a sinistra.

Poi comincia lo sterrato:«Sarà di qua?»

«Mah... Stando alle indicazioni sì. Proviamo ad andare avanti, sperando che ci sia spazio manovra più in là».

Abbasso sia il finestrino che il volume della musica, cercando di captare suoni familiari, indizi sonori della presenza di un teknival tra gli ulivi. Silenzio; chiudo gli occhi. Niente.

Non si sente nulla.

***

Il giro turistico per i vari stand ci lascia a bocca aperta. Il rave è disseminato di camper muniti di banchetti che vendono di tutto, legale o meno, in maniera esplicita ed ostentata.

Un banco “erboristeria”, tinteggiato d'arancio, con tanto di piantina ornamentale in bella mostra, catalizza l'attenzione di Matti.

«Non ci credo. Sono in paradiso... Non ci credo...», ripete con un sorriso beato estraendo il portafogli.

«Meno male doveva essere pieno di sbirri... Questi come cazzo sono arrivati, dai monti?», faccio io. In effetti il problema sul come raggiungere la location della festa, i “banchettari”, se lo devon esser posto sul serio, visto che puoi trovare tutto e in quantità industriali.

Io però sono in fibrillazione per un altro motivo: ancora tra i vari sound system non ho individuato quello dei francesi. Si chiamano FreakzTribe. Devo trovarli, voglio sapere dove suonerò. Gli addittivi li sceglierò dopo.

Nico vuole fermarsi al sound con l'installazione verticale dove stanno spingendo dell'hardtek. Matti vuole testare gli acquisti e si ferma con lui a farne su una. Io e Tiziana, invece, ci spingiamo verso il centro della festa.

L'ambiente è incredibile: gente iper-amichevole, sorrisi allucinati ed abbracci ovunque. Penso alle ultime feste che mi sono fattoin Italia: pletore di zombie, morti viventi ripieni di ketamina fino ai capelli, robbosi, gente che gratta seggiole di plastica per tagliare le polveri e via discorrendo.

Probabilmente sono io che le vedo sotto un ottica diversa, ma diciamo che l'ambiente aiuta. La percentuale di sorrisi in confronto alle facce smostrate è in netto vantaggio. Non è un dato scontato, in Italia, negli ultimi tempi.

Decidiamo d'iniziare l'ispezione dei vari sound coperti. C'infiliamo nel primo – Neurofunk aggressivissima – e lancio un'occhiata alla ricerca di loghi o tag.

Tiziana si fa rapire dalla musica immediatamente e si lancia a ballare. Due soggetti le si avvicinano ballando convulsamente. Hanno addosso la bombetta e due mega-occhiali colorati. Le espressioni sono più che sospette. Attirano la sua attenzione a smorfie e uno dei due le passa il drink che ha in mano. La vedo prendere il bicchiere e bere una lunga sorsata.

***

Proseguiamo per la stradina di campagna con poca fiducia. Forse abbiamo sbagliato qualcosa. Intanto Ale mi guarda complice e mi passa la bottiglietta d'acqua da cui ha appena finito di bere. La guardo contro luce nella penombra del furgone: un pezzettino di carta ci galleggia dentro, bianco. Aspiro un paio di tiri profondi dalla canna che ho appena finito di rollare, poi mi bagno le labbra.

Guardo la luna piena, che vigila su di noi in questa notte andalusa, gigantesca. Bevo un gran sorso d'acqua, poi ancora. La ripasso ad Ale insieme allo spinello d'erba casereccia.

«Ehi, sentite. Musica!»

È fatta. Quando in lontananza senti l'eco dei bassi e sei guidato dal tuo cuore e dalle tue percezioni amplificate, tese alla ricezione di un segnale, trovi per forza una strada. Compongo il numero di Simo e gli dico che ci siamo. I bpm ci inondano prepotenti, si accavallano alle parole, ci riempiono le orecchie. Luci e laser indirizzate contro il buio della volte celeste, come a voler imitare il luccichio delle stelle sulla terra. Cocci di vetro e mozziconi fumanti tra l'erba.

Laura parcheggia il suo furgoncino tra gli altri camperati: targhe straniere, carovane di teknofolli e frickettoni da ogni parte d'Europa. Frammenti di stelle caduti sulla terra.

Le luci cominciano ad ipnotizzarmi e ad allucinarmi un pochino, la musica mi confonde e fonde col popolo della notte che calpesta la terra al ritmo di bassi sintetici ed elettronici che sembrano le voci di demoni e spiriti antichi come il fuoco. Bevo un altro sorso dalla bottiglietta e m'incammino verso il sound col tendone da circo: è lì che devo incontrarmi con Simone e gli altri.

***

M'inserisco al volo tra la mia ragazza e i due fattoni bombettati. Li guardo male, ottenendo in risposta una smorfia storta. Me ne fotto e mi giro verso Tiziana, che mi guarda senza capire.

«Amore, hai scoperto al volo cosa non fare ad un rave: bere da bottigliette di gente che non conosci. Sai una sega cosa c'infilan dentro 'sti bruciati» , le dico concitato.

Mi sento anche un po' ridicolo a fare questi discorsi, visto il mio passato non proprio da persona controllata, ma inizio a scoprire un senso protettivo che non mi conoscevo.

«Ma dai, che vuoi che c'abbiano messo?»

«Se tutto va bene è MD, lo sai. Ma non gira solo quella a 'ste feste, e la miglior maniera per rischiarci la buccia è il mix di sostanze».

Mentre dico questo mi rivedo a Pelago, ad un rave di anni fa, sdraiato per terra, impastoiato in un delirio visivo paranoide con in corpo una squadriglia in rivolta composta da ben cinque sostanze diverse, non troppo complementari. La morte vista attraverso un fish-eye. Me la ricordo benone, quella sensazione.

«Madonna che rompipalle che sei quando fai così» , mi risponde sbuffando.

Non ho voglia di litigare, non ora. Fortunatamente la vibrazione del cellulare mi distrae. E' Andre, sono arrivati. Li aspettiamo qui, iniziando a ballare, rapiti dalla violenza dei bassi.

Devo ancora scoprire dove cazzo si sono nascosti quelli della FreakzTribe, ma rimando il problema a quando avrò riabbracciato il mio amico. Rollo un porro bello carico e lo passo a Tiziana, senza smettere di ballare per un secondo.

D'improvviso mi sento colpire alla nuca da uno schiaffo. Mi giro pronto alla rissa, ma mi trovo davanti due pupille dilatate molto familiari. La tensione si scioglie all'istante, traducendosi in un abbraccio fraterno.

«Grande, cazzo! Ce l'avete fatta, alla fine!» , urlo per sovrastare la musica, mentre si uniscono all'abbraccio anche Ale e Tiziana. Ci stacchiamo e ci squadriamo a vicenda. Sono mesi che non ci vediamo, e dobbiamo riabituarci alle nostre reciproche figure.

«Ti trovo alla grande, vecchio: pupilla ai porci e bong a tracolla. Quanto cazzo mi sarai mancato, soggettone?»

«Lo sai, sono sempre alla ricerca delle porte della percezione»

«Ti ha dato un strappo un vecchino in bici, per caso?»

«E' sempre con me, vecchio, e vedessi come se la viaggia il vecchio Albert nonostante i suoi 100 anni!».

Scoppiamo a ridere, poi mi fa: «Ma te non dovresti essere in consolle da qualche parte? Mi avevi promesso un dj-set, balordo!»

«Eh, appunto, devo scoprire dov'è, 'sta fottuta consolle... Infatti riprendi al guinzaglio il rosafante e andiamo ad esplorare questo delirio di festa...».

to be continued...

Andrea Federigi

Simone Piccinni THREE

FACES

Preambolo Simone:

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