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Crepi Il Lupo - Viaggio in Tasmania, Atto V°

Mi sono venuti dei dubbi. Non so se ho fatto bene a prenotare il corso di meditazione. L’eccitazione iniziale si è diradata a favore della constatazione che forse sarebbe stato uno scoglio troppo grande per me. Ripenso alle regole di quei dieci giorni. Non parlare, non leggere, non ascoltare musica, non avere contatti fisici, né scambiare sguardi con gli altri partecipanti del corso. Speriamo in bene. Ma mi fido ciecamente di Flavian, e se lui ha detto che è un’esperienza da fare assolutamente, allora non c’è da aver paura.

«Anch’io una volta l’ho fatto però non è stato granché. Mi sembrava di perdere tempo lì. Però una cosa è certa: quella pace, quel silenzio sono stati fantastici … Meglio che sentire sbraitare tutto il giorno la mia ex moglie di sicuro!»

Le sonore risate coprono per un momento le mie insicurezze. Sono in macchina di John, un ex ranger in pensione che mi ha dato un passaggio. Capelli riccioli lunghi e grigi. La barba è dello stesso colore e quasi della stessa lunghezza. La compagnia non può non essere piacevole: parliamo di musica, delle nostre vite e dei nostri viaggi apertamente. Sto andando a visitare un altro degli innumerevoli parchi nazionali dell’isola, chiamato Walls of Jerusalem, ma quando glielo dico, dall’alto della sua esperienza, mi avverte che in autunno inoltrato è meglio non azzardare una camminata di quattro giorni con la mia scarsa attrezzatura proprio là. Il tempo instabile e le nevicate frequenti, insieme a percorsi brulli e scoscesi, sono accoppiate vincenti per rimanere bloccati. Non mi vedeva tanto convinto.

«Senti io sto andando a Forth, un paesino agricolo del Nord. Domani ci sarà un Festival Blues molto famoso nell’isola. Non ti sto chiedendo di spendere 50 dollari per il biglietto, ma magari potresti venire alla festa del pub con me stasera, e poi te ne vai tranquillamente dove meglio credi domattina prima dell’inizio».

«Festa del pub?»

«Sì, la sera prima è tradizione che invitino delle band a suonare nel pub - l’unico - del paese. C’è sempre tanta gente e tanta birra. E ci si diverte!»

Arrivati a Forth piazzo la tenda accanto a quella di John nell’immenso spazio attorno al palco del festival. Non è stato facile, c’è già tanta gente che si è sistemata, la quale però, almeno per quella sera, non aspetta altro che andare al pub. L’attesa è quasi febbrile e ovviamente viene smorzata con l’alcool. Siamo capitati accanto all’accampamento di una gang di motociclisti, a quanto pare famosi in Australia per atti vandalici e rese di conti fra gang rivali. Ovviamente ci finiamo in mezzo: a John, visibilmente non a suo agio, viene offerta una birra; io invece, che non sto capendo assolutamente niente della delicatezza della situazione, faccio conversazione con i ragazzacci con una lattina di Jack e Coca gentilmente offerto.

Dopo una mezz’oretta, migriamo verso il pub. È veramente pieno di gente. Fra la folla e le bevute perdo di vista John. Le volte che mi riesce vederlo mi presenta col calore di un amico d’infanzia ai suoi nuovi amici, e ci offriamo una birra a turno. Il concerto, che sarà nel cortile fuori dal locale, non è ancora iniziato, ma in compenso sono abbastanza alticcio e molto famoso. C’è gente di tutti i tipi, età e sesso; e hanno iniziato già a ballare. Faccio tante amicizie, c’è una bella atmosfera rilassata e festosa. Mi metto su una sedia per rifiatare. La voce di una ragazza saluta il pubblico. Io che momentaneamente do le spalle al palco perché sto parlando con una persona, appaio poco interessato ma comunque soddisfatto per l’apertura del Live. Introduzione della batteria, giro di basso molto semplice e attacco della chitarra acustica. Fin qui niente di particolare. Quando la voce della ragazza fa il suo ingresso prepotente nei miei timpani, mi lascia di stucco. Rimango impietrito dalla sua cruda espressività, sia come potenza distruttiva che come delicato arpeggio. I rauchi risvolti che richiamano a tratti Janis Joplin parlano di fumo, di whiskey, di attitudine trasandata e anticonformista, di amori violenti e radici rurali. Assisto al concerto a bocca aperta, paralizzato sulla sedia. L’imbrunire del crepuscolo, l’ultima canzone e poi il cambio di band. Tra poco non fa in tempo a scendere dal palco che io sono già lì da lei a farle i complimenti. Le dico che è stato magnifico, e che mi sono emozionato: sincero e schietto come la sua dote canora. Ringrazia e cominciamo a fare amicizia. Si chiama Claire, ha la mia età, e pare incredibile ma quella a cui ho assistito è la sua prima performance dal vivo.

«Sono stata due anni in Messico per finire l’Università, sono tornata a casa qua in Tasmania, ho lasciato il ragazzo con cui stavo da cinque anni e ho deciso di mettermi a cantare. Questo più o meno è il riassunto della mia vita adesso. Ti va una birra?»

Le birre durante la serata sono state ben più di una. A un certo punto mi sono ritrovato a ballare in modo ridicolo con una donna di mezza età. Il cortile è pieno di persone che ballano a ritmo di rock ignorante - anche un po’ troppo da fiera, ma va bene così - senza ritegno né pudore. Ogni tanto uno sconosciuto mi “riconosce”: te sei l’amico di John!

Ok, quell’uomo è pazzo: saranno due ore che non lo vedo, ma lui ha continuato a presentarsi e a presentarmi - anche se non ero fisicamente con lui - a tutti. Per sbaglio durante il viaggio in macchina mi è scappato detto che in Italia prendevo lezioni di batteria, e ora tutti quelli che mi fermano e con eccitazione vedono combaciare la sua descrizione alla mia faccia, mi chiedono se più tardi mi esibirò anch’io, così da dare un saggio della mia bravura dall’alto dei miei anni di esperienza in vari gruppi italiani. E poi chiosavano:

«John è un tipo assurdo, troppo divertente! Da quant’è che vi conoscete?»

«Eh, ormai saranno anni …»

Dopodiché partiva una storia inventata che mai sarebbe potuta essere riscontrabile dall' interlocutore in questione - perché se John raccontava stronzate, io non volevo certo essere da meno -. E infine la proposta indecente: «Mi offri una birra?»

In quelle ore pazze ho fatto in tempo anche a conoscere meglio Claire, la sua band messa in piedi soltanto il giorno prima, e altri suoi amici, che ovviamente sarebbero sembrati molto scortesi se non mi avessero offerto un paio di canne. In quel delirio dei sensi, mentre ballo più imbevuto di una spugna pronto a giurare amore eterno a quell’isola di matti dal cuore d’oro, vedo apparire tra la folla John, che stranamente ai miei occhi sembra aver mantenuto una dignità presentabile - o forse era soltanto per il paragone con la mia -. Mi prende, mi sussurra parole dolci e molto gentilmente mi riporta alla tenda.

La mattina dopo mi sveglio con un gran mal di testa con lui che mi aspetta per andare a far colazione.

«Ho visto che flirtavi con la cantante ieri sera… Bella mossa!»

«John, non so neanch’io cosa ho fatto ieri sera… Ma grazie di avermi riportato alla tenda».

Ci siamo augurati rispettivamente buon viaggio e buon concerto e ci siamo salutati. Adesso punterò dritto verso Walls of Jerusalem, salvo contrattempi o altri Festival alcolici. Sempre e rigorosamente in autostop, facendomi trasportare dal viaggio.

Ah, poi la sera prima Claire ed io ci siamo scambiati il numero e un bacio. Mi ha invitato a casa sua, una fattoria sperduta in mezzo alla Tarkine Rainforest, proprio la foresta che avevo attraversato con Jürgen qualche giorno prima. Sarebbe tornata fra due settimane dopo la sua partecipazione a un concorso-festival vicino Brisbane, sul continente, per giovani promesse blues. Ci risentiamo allora, in bocca al lupo!

Gianluca Bindi

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