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Il calcio secondo Cape Town - Emigrato in Sudafrica, atto IV

La visione che abbiamo in Italia del calcio del Mondo è completamente distorta. Il concetto è semplice. In Italia non facciamo altro che giocare a pallone, guardare, leggere, parlare, scrivere di calcio. Abbiamo il (fu) campionato più bello del Mondo, i calciatori arrivano (o arrivavano) da ovunque per giocare da noi, e va bene che ce la giochiamo con altri 3 o 4 Paesi europei, ma – dimenticate per un attimo il mondiale – siamo i migliori . Tutti. Tutti noi. Solo per il fatto di essere italiani.

Ecco il perché alla partenza, con la valigia in mano, gli amici mi dicevano di andare a fare un provino nel Chippa United, grandiosa squadra locale, e di puntare alla Serie A sudafricana.

Intanto, i Chippa fanno schifo. E le squadre locali più forti sono i Kaizer Chiefs , in giallo-nero, e l’Ajax Cape Town, in perfetto stile bianco-rosso, vedi l’originale. Come se uno potesse mai, nella sua vita, anche per sbaglio, tifare per squadre con codesti nomi.

Comunque, qui in Sudafrica a nessuno frega assolutamente nulla del calcio locale. Nei bar, a lavoro, alla radio, sui giornali, si parla solo ed esclusivamente di Premier League inglese. Con una competenza che nemmeno al di là della Manica. Qui si tifano Chelsea, Manchester United, Arsenal, Liverpool, Aston Villa. Qualche disperato tifa persino Norwich e Fulham, con le tragiche conseguenze della retrocessione che si traducono in sonore prese per il culo ad ogni pausa caffè.

Qui tutti sanno tutto, e la passione per le proprie squadre adottive è viscerale. Io sono stato massacrato e sono diventato una barzelletta perché seguo il calcio italiano e tifo una squadra di quella zona lì, che qui continuano imperterriti a chiamare EisìMilèn, abbreviato Eisì. Finchè qualcuno non ha avuto la geniale intuizione di capire che lì sono cresciuto. Poi, per poter bere almeno il caffè con gli operai, ho dovuto adottare il Liverpool, studiandomi prima su Wikipedia la formazione del ’98, così, per non sembrare proprio uno sprovveduto. La cosa piacevole è che gli altri due tifosi dei Reds ora mi salutano con molto più affetto, ma mi dispiace un po' per il tifoso dell’Everton, che continua a essere l’unico sull’altro Side del Mersey. Sfinito dalla teoria, mi sono dedicato alla pratica. Errore chiaramente madornale. Qui al pallone si gioca in centro, vicino al Waterfront. Due campetti da calcio a 5 perfetti, col sintetico che luccica e due casse che sparano hip hop a tutto volume dietro le porte. Il pallone è chiaramente a rimbalzo controllatissimo, come ormai usa in tutto il mondo, e già questo fatto da solo annulla ogni mia velleità calcistica. Sono riuscito a infilarmi in un torneo, e cercherò quindi di fare un parallelo tra cosa è il calcio amatoriale da noi – nello specifico la mia gloriosa Banda Cappuccio –, e qui – con la mia squadra locale: i Dirty Foreigners –. L’ORGANIZZAZIONE

B.C. - Torneo con iscrizione a inizio anno. Quota fissa da 500 €, più il campo ogni settimana. Certificato medico per tutti. Distinta compilata e chiama a inizio partita. Numeri obbligatori sulle maglie. Scarpe da calcio o da calcetto.

D.F. - Cerchiamo di essere in 5, portate qualcuno. Il campo costa 4 €. Vanno bene anche le scarpe di vernice o, al limite, i piedi nudi. LE DIVISE

B.C. - Maglia granata-blu, colletto e numeri bianchi, pantaloni coordinati alla maglia. Sponsor del Pub sul petto e volpe sul cuore.

D.F. - Portate una maglietta nera. E puntualmente la metà arrivano in bianco. L’arbitro, interviene a modo suo. Noi in nero o quasi. Avversari in rosso. A un nostro, in bianco, è stata data una pettorina arancione. L’ARBITRO

B.C. - Un tizio con dei brevetti, una divisa e dei cartellini, che ha studiato e si allena per essere insultato.

D.F. - Uno scoppiato senza alcuna cognizione di causa, sempre in felpa nera – tòh, il colore della nostra maglia – che sta fermo a centrocampo, spara sentenze a caso, e pretende di aver ragione anche quando tutti i giocatori in campo gli spiegano che stavolta ha torto. GLI AVVERSARI

B.C. - Sono come noi, panzoni alcolisti che il lunedì vanno a farsi una sgambata. Durante la partita gli avversari sono praticamente nemici. Ci si picchia, ci si insulta, e l’arbitro deve mettersi in mezzo. Le decisioni dell’arbitro vengono contestate. Sempre, comunque, e a prescindere da ogni logica. Ogni volta che l'arbitro fischia, qualcuno si lamenta.

E’ intrinseco, ed è giusto così: l’arbitro ha torto. Anche se ha chiaramente quasi sempre ragione.

D.F. - Corrono come disperati. Possono essere bianchi e cicciotti o neri e lungiformi, ma sono inarrestabili. Sempre. In ogni squadra, c’è uno che fa il capitano e che parla per tutta la partita. Senza mai prendere fiato. Quello che devono fare gli altri, lo decide lui. E quando ha palla lui, si fa la telecronaca da solo. Sembra assurdo, ma ogni squadra ne ha uno. E alla fine, è meno spompato di me. I contrasti sono duri, ma anche dopo un’entrata killer nessuno cerca lo scontro. Io di qua, te di la.

E con l’arbitro non si polemizza mai. Anche se ha chiaramente sempre torto. LE REGOLE

B.C. - Le regole sono semplici. Prendi quelle del calcio, togli il fuorigioco, aggiungi i cambi volanti. Fatta.

D.F. - Le regole non le abbiamo ancora capite tutte, ma più o meno sono le seguenti: Fallo è quando arbitro fischia – citando il buon vecchio Boskov –. Se il portiere passa la palla volontariamente oltre la metà campo, è rigore per gli avversari. Lo stesso se passa la palla corta e nessuno la tocca. RIGORE, capito? Se il portiere respinge la palla che va oltre la metà campo, è rigore per gli avversari. Se quando batti una rimessa laterale la palla non è perfettamente sulla riga, devi ribattere. Se la palla è ancora in movimento al secondo tentativo, è chiaramente rigore per gli avversari. Il portiere non può essere sostituito durante la partita, ma solo a fine primo tempo. Anche se gli viene un embolo. Per ogni punizione a favore, chi calcia può decidere se batterla diretta o indiretta. E se è diretta, si batte senza barriera. Solo il portiere. Sostanzialmente, un rigore un po’ spostato. E poi, c’è il Power Play. Ovvero: in qualunque momento della partita, anche a palla in movimento, se il portiere urla la parola magica, per 120 secondi cambiano tutte le regole. La squadra che chiama il Power Play ha la stellina di Super Mario e può fare quello che gli pare. Rinviare oltre la metà campo compreso. E, soprattutto, i propri gol valgono doppio. Come per le bambine sotto i dodici anni e le ragazze incinte oltre il settimo mese quando giocano a biliardino in spiaggia in Liguria. I RISULTATI

B.C. - Sicuramente sbaglio coi numeri ma, più o meno, 16 partite, 3 vittorie, 3 pareggi, 10 sconfitte.

D.F. - Impossibile sbagliare coi numeri: 6 partite, 1 vittoria, 5 umiliazioni. Insomma, Paese che vai, cambia pochissimo. PRIMA E DOPO LA PARTITA

B.C. - Una settimana di organizzazione. Il Mister che non dorme la notte pensando a come schierare la squadra. Birra pre-partita. In spogliatoio 40 minuti prima. Riscaldamento tutti insieme. Match. Doccia e discussione sul perché è andata così. Pizza e qualche birra al Fox, o, se è lunedì, dietro al Fox. Tempo della serata, circa 6 ore. E chat sempre aperta, tutta la settimana.

D.F. - Si gioca il lunedì. Messaggio alle 17 con l’orario esatto. Ci si trova dieci minuti prima della partita per presentarci a vicenda, ché siamo sempre diversi. Appena finito, ognuno per la sua strada. Tempo impiegato: 55 minuti, pagamento incluso. Ecco. E’ solo per quest’ultimo punto che il calcio da noi è molto meglio.

Che poi, diciamocelo: io vivo tra sudafricani, spagnoli e inglesi. Quindi, rispetto a loro, il mondiale l’ho praticamente vinto. Profonda Saudade calcistica…

Tomaso Aroldi THREE FACES

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