top of page

Frammenti a lungo termine - Fuorisede a Firenze

Estate 2013.

Se durante l'inverno è più o meno facile non pensare al fatto di non avere una vita sociale, con conseguente nightlife e divertimento, d'estate è impossibile. Soprattutto se la finestra sotto la quale ti siedi quando torni da lavoro affaccia su un Arno vivo e chiassoso, che copre l'audio di un programma come un altro in televisione, mentre ti concedi il tuo piccolo divertimento: mix di erba e tabacco in un braciere di vetro. La gente inizia a bere, mentre tu porti pietanze mediocri a persone che per il solo fatto di stare sedute ad un tavolo si credono più importanti di te. La gente balla e flirta con sconosciuti, mentre una telecamera termica scorge un leone di montagna nella rada vegetazione del Nevada. Vecchi ricordi si susseguono, flash veloci di quando questi problemi appartenevano a qualcun altro, ed ecco che la consapevolezza, come sempre, fa il suo ingresso, aprendo violentemente le porte verso uno stato di malinconica solitudine.

Cerco di non pensarci, osservando i due nuovi mici che si contendono il topino di stoffa da 70 centesimi. Cerco di non pensarci, mentre verso dell'altra erba nel grinder di metallo.

L'aria manca un'altra volta e controllo una respirazione lenta e profonda, aspettando che l'effetto salga, e le spalle diventano tutto a un tratto pesanti. Le sensazioni si susseguono, veloci, confuse, dando luogo ad un sovraffollamento sensitivo destinato a durare poco; i problemi svaniscono nei verdi fumi che aleggiano, intorno a me, e i colori sono più colorati, e i suoni più sonori.

Non più di un minuto di serenità.

Veloci, gli elettroni tornano a correre da un neurone all'altro. Ancora due giorni di lavoro, gli esami di settembre, il sesso, le relazioni, i libri da comprare, i soldi che non riesco a non spendere, ma tutto questo non farà male alle mie capacità cognitive? Ansia.

Ed io ci avevo provato a trovare ragazze simpatiche, con cui poter condividere questa mia parte di esistenza in modo sereno e solidale, con cui parlare di interessi comuni, di filosofia, di letteratura, dell'ultimo film di Darren Aronofsky; avremmo potuto visitare musei di arte contemporanea solo per sottolinearne l'inessenzialità, avremmo potuto supporre la lunghezza del pene di un ragazzo solo guardando il suo comportamento col gentil sesso, avremmo potuto. Ma pare che Firenze non solo sia cara, ma anche difficile. Tutte le persone con cui ho stretto un rapporto che potrebbe essere lontanamente definito amicizia sono di paesi vicini a Firenze, o ragazzi che ancora credono di potermi portare a letto, o persone inscritte nell'ambiente lavorativo. Penso che potrei essere io, il problema. Forse risulto antipatica, poco interessante o chissà. Forse a guidare le mie difficoltà sociali è la semplice inesperienza. L'eccessiva socievolezza che dalle mie parti è consuetudine mi ha portata ad essere più restia ad instaurare rapporti e molto più selettiva con le persone. Cara sorella, avevi ragione, tutto questo mi si è rivoltato contro.

Pochi giorni fa una signora veneta, proprietaria di un piccolo alimentari dietro casa, di perlomeno una sessantina d'anni, mi ha parzialmente rincuorato. La sua opinione è che quello che sto vivendo è un problema che ha poco a che fare col mio modo di essere; le sue uniche amiche vengono una dalla provincia di Foggia, un'altra è etiope, un'altra ancora piemontese. E lei vive qui da oltre trent'anni. È tipico di Firenze, dice, la gente chiacchiera e scherza con tutti, ma è realmente difficile entrare a far parte del cerchio di amicizie.

La mia propensione naturale alla solitudine non aiuta. Ridacchio tra me e me, rendendomi conto del paradosso vivente che incarno: una persona tendenzialmente solitaria che soffre di solitudine. All'ironia sussegue uno strano stato d'animo che corre tra desolazione e accettazione e l'equilibrio già precario della mia psiche vacilla ulteriormente e pesantemente, mi sembra quasi di sentirlo a livello fisico, mi pervade.

Torno a guardare i gattini che, stanchi dalla lotta, dormono accoccolati l'uno all'altro. Come al solito mi ritrovo ad invidiare il gatto, apparentemente autosufficiente, capace di vivere, mentre Banderas cerca di esprimere a parole la bontà indiscussa delle merendine del Mulino Bianco. Mi viene in mente l'Amor Fati e decido di farmi forza. È questa, la mia vita, nessun'altra. Friedrich, aiutami tu.

Due ore dopo sono ancora lì, gli occhi mi bruciano e la difficoltà a vedere con nitidezza le immagini che scorrono sullo schermo piatto aumenta ad ogni bonghetto. Ne faccio un altro per soffocare la fame chimica che sento avvicinarsi; raccolgo le mie cose e mi trascino al piano di sopra, dimenticandomi di dare da mangiare ai gatti.

Tiziana Caudullo

THREE FACES

RECENT POSTS:
SEARCH BY TAGS:
bottom of page