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Morro's Diaries - Viaggio nella Bahia, Atto II

13-10-'12 - Morro de Sao Paulo

Primi giorni frenetici. Tra situazioni tese a Salvador, col suo intrinseco razzismo, i suoi ragazzini di strada e il suo esercito di vagabundos, disperati; tra Morro e gli incontri formali con architetti e capomastri, con cui la comunicazione è resa ardua dalla differenza linguistica e dalla mia scarsa competenza in materia edile – nonostante il babbo architetto –; tra la convivenza forzata con uno sbirro romano e con sua moglie – due delle persone con la minor apertura mentale che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare –, tra sorrisi falsi e sorrisi veri, con la costante percezione del tuo status indesiderato di turista, rimarcato dagli abbindolatori che ti puntano ad ogni angolo solo per il colore della tua pelle. Ma con un panorama... Un panorama che può sopperire a qualsiasi cosa, una natura che ti accoglie, ti circonda con le sue verdi e frondose spire, con il suo corpo liquido e azzurro-verdastro, con il suo scialle di sabbia bianca, riportandoti in pace col mondo. Una natura che ti riempie l'anima e ti fa dimenticare tutto il resto. Ed è sempre più certo: voglio morire sotto ad una palma, col mare davanti.

17-10-'12 - Morro

Ci sono ancora delle faccende da sbrigare, ma il momento non è dei migliori: nel periodo delle elezioni gli uffici pubblici sbarrano le porte una settimana prima e una settimana dopo le elezioni. Ovviamente io ci sono finito nel mezzo. Ma non sono troppo turbato: qui basta mezza giornata sotto al torrido sole bahiano per farti dimenticare ogni preoccupazione. Forse è per questo che l'isola pullula di personaggi persi. Gente con sogni, ambizioni ed ideali di vita, che si ritrova risucchiata da questa goduriosa ed oppiacea dinamica esistenziale, in cui la massima preoccupazione è il quale spiaggia scegliere per la mattina seguente, la bella turista appena sbarcata sull'isola da puntare, o come procurarsi i 50 reais per il prossimo pezzo di bamba o la prossima stecchetta d'erba pressata. Facile lasciarsi condurre sempre più a fondo di questo labirinto di tentazioni. E sembra che chiunque giunga qui, faccia la stessa fine. Anche chi ha costruito qualcosa e lavora. Anche chi non ha costruito nulla e lavora lo stesso. Tutti seguono il lento flusso delle giornate, senza fretta, senza stress. Anche chi ha tre lavori, e non sono pochi tra i nativi, trova comunque il tempo per bere una birra seduto al bar con gli amici o per stendersi e riposare. Lavorare per vivere, non il contrario. Questo il loro segreto. Questo, e il panorama. Rifletto sulla cosa mentre sorseggio la mia birra sotto all'ombrellone di uno dei chiringuiti che sorveglia la Praia Uno, aspettando il prossimo stimolo, quasi fosse un fatto dovuto. Dove andrò domani mattina? Non lo so, e poco importa.

18-10-'12 - Ilha de Boipeba

Teglia d'aragosta sulla spiaggia, contornata di birra a fiumi, con vista mare. Il tutto per l'equivalente di venti euro. A seguire camminata digestiva sulla spiaggia deserta, aspettando la barca che ci riporti a Morro e una merenda a base di ostriche pescate poche ore prima. Vento lieve e palme a far da cornice all'orizzonte. Un accenno di vita nel lusso. Non che questa sia la mia massima aspirazione nella vita, ma un assaggino ogni tanto mica fa male, no? Frammenti di cervello e cuore disseminati ai quattro angoli del mondo. Ogni fotogramma, ogni immagine catturata durante il mio spostarmi su questa sfera mi ha donato qualcosa, sottraendomi qualcos'altro, lasciato in pegno e sacrificato sull'altare del “nuovo”. Lasciare un'impronta o anche un solo pensiero in ogni posto visitato nel mondo, e in quelli ancora da visitare: questa è la missione.

19-10-'12 - Morro

Giornata di ieri al limite del surreale: siamo passati dal mangiare aragoste ed ostriche nel lusso selvaggio di una spiaggia incontaminata, al ritrovarci la sera a passeggiare per una favela, accompagnati da Chico, un tuttofare dell'isola, completamente sbronzo e non troppo collegato con la realtà. Sbarre alle finestre dei negozietti, attraverso cui far passare le merci senza far entrare nessuno. Gente che tira di coca da coltelli lunghi quanto un avambraccio. Soggetti completamente bruciati che ti attaccano bottone rantolando in una lingua sconosciuta al genere umano. La sensazione bruciante di pericolo. Le occhiatacce. L'atmosfera stile “Tropa de Elite” e i racconti sul Bope vero e proprio. La pulizia etnica. Brasile: il paese delle contraddizioni. Anche se tutti hanno le loro, qui quest'ultime risultano solo più evidenti, a portata di confronto. Penso alla potenza distruttiva della società occidentalizzata, consumista, stampata sul modello americano. Un approccio fatto di frivolezza esasperata, status symbols e vuoto che sta completamente sovrastando e fagocitando stili di vita e spiriti millenari. Penso alle società nordafricane e dell'America latina. Ragazzini spinti alla violenza e alla criminalità non più per il semplice sopravvivere, come sarebbe comprensibile e, in qualche modo, giustificabile, bensì dalla “necessità” impellente di avere l'ultimo Iphone o i vestiti firmati. Questo, in paesi sì poveri, ma dalla profonda e radicata dignità ed identità culturale, mi rende l'idea dello sbaglio globale che sta facendo il processo di globalizzazione e “civilizzazione”. Cos'è realmente più civile? Ho delle serie difficoltà a rispondere “noi”...

Simone Piccinni THREE FACES

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